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Le prime notizie sul cavallino di Esperia risalgono al 1895. La sua denominazione trae origine dal paese omonimo. Fra le famiglie patrizie esperiane, figurava quella dei baroni Roselli, proprietari di un vasto territorio i quali si sono sempre dedicati con particolare interesse al miglioramento dell'agricoltura e all'incremento della zootecnia.
Nella zona dei Monti Aurunci, su tutto il dorsale ciociaro, vivevano piccole mandrie di cavalli allo stato brado, ai quali l'asperità della montagna e l'inclemenza del clima per gran parte dell'anno, conferivano spiccate doti di resistenza e frugalità. Per la carenza di pozzi, questi animali venivano abbeverati solo due volte a settimana e ciò ha contribuito a determinare la scelta di allevare proprio questi cavalli e non altre razze in un simile contesto.
Nel 1840 fu proprio un esponente della famiglia Roselli, il barone Ambrogio, ad avviare i primi tentativi di miglioramento della popolazione indigena cavallina brada, con l'immissione di riproduttori provenienti dal Salernitano, tentativi che però non diedero i risultati sperati a causa del mancato adattamento dei cavalli salernitani. Con tenace volontà il Rosselli intraprese nuove direttrici e, intorno al 1870, riuscì a portare ad Esperia uno stallone proveniente dalla Turchia ma morì appena otto mesi dopo il suo arrivo senza aver generato discendenti. Don Silvestro, figlio di Ambrogio non si scoraggiò e nel 1882 fece arrivare 5 cavalli di razza araba provenienti dal Nedjid e acquistati da un mercante turco per incrociarli con i cavalli indigeni. Da qui ebbe origine la storia del cavallino di Esperia.